Esiste nel comune di Biassono un ambito di trasformazione, denominato AT1 dal PGT vigente, che rappresenta una grande occasione di rilancio del territorio e dell’economia locale; esso promuove contestualmente anche un’opportunità di sviluppo e salvaguardia in termini ambientali.

Vediamo il perché.

L’ambito ha una superficie territoriale di circa 307.000 mq, una superficie considerevole in grado di accogliere un’alta quota di nuovi volumi edilizi; questi ultimi, però, non è detto che debbano necessariamente appartenere a nuove attività da insediare; potrebbero provenire anche da volumi esistenti, ma che sarebbe opportuno, sotto il profilo ambientale, delocalizzare.

In altre parole si prefigura la possibilità di innescare un meccanismo doppiamente virtuoso sotto il profilo economico e sotto il profilo ambientale; se il comparto potrà diventare area di atterraggio di crediti edificatori per attività economiche, anche da delocalizzare, sarà possibile ottenere soddisfazione economica e contestualmente il potenziamento del valore ecologico del territorio comunale.

Quest’ultimo vede la presenza di impianti industriali posizionati in aree che andrebbero riqualificate e valorizzate sotto il profilo paesaggistico e ambientale; lo sviluppo dell’ambito di trasformazione AT1 può essere l’occasione per delocalizzare tali attività e per massimizzare la valorizzazione economica e, al tempo stesso, ambientale, dell’intero territorio di riferimento. Individuare il comparto come area di nuovo atterraggio di crediti edilizi, maturati a fronte della riqualificazione di aree di pregio (per esempio prossime al Lambro e al Parco di Monza), potrebbe permettere all’amministrazione comunale di migliorare la qualità dell’assetto del sistema insediativo e di aumentare la quota di aree da restituire agli ambiti non urbanizzati, con funzioni ecologico-ambientali nello stesso tempo.

Questo comporterebbe l’applicazione di una sorta di meccanismo di compensazione territoriale estesa al territorio comunale, e non solo, nella quale si vedrebbe per il privato  migliorare le proprie possibilità di sviluppo economico e il “pubblico” aumentare le aree di valore ambientale e migliorare l’assetto insediativo complessivo del suo territorio.

Facendo riferimento, infatti, al concetto di “bilancio ecologico del suolo”, cosi come inserito nella LR 31/14, grande è la potenzialità di questa visione di sviluppo urbanistico, dove, a fronte di aree di nuova urbanizzazione, se ne liberano delle altre in zone particolarmente sensibili e interessanti sotto il profilo ecologico ambientale. In questa ottica, infatti, un saldo zero raggiunto ridando al territorio aree libere di pregio è di gran lunga preferibile al semplice impedimento di nuove impermeabilizzazioni.

Va sottolineato, altresì, che le aree di “decollo”, occupate da volumi da delocalizzare, devono generare un plusvalore, inteso in termini di valorizzazione fondiaria così da permettere:

  • l’acquisizione della nuova aree su cui trasferire i volumi;
  • di coprire i costi di costruzione del nuovo insediamento;
  • di coprire gli eventuali costi di smaltimento e bonifica del vecchio sito;
  • di coprire i costi della messa in produzione dei nuovi impianti.
  • di coprire i costi di gestione della complessa procedura tecnico – amministrativa – giuridica economica e finanziaria necessaria a permettere una delocalizzazione.
  • non per ultimo in ordine di importanza e di valore, di coprire i costi fiscali e notarili delle operazioni.

A seguito della rivalutazione potrà essere attivata la delocalizzazione della funzione “mal posizionata” e la rinaturalizzazione dell’area di partenza.

La delocalizzazione potrebbe inoltre essere declinata anche a scala sovracomunale e, se ben governata, potrebbe facilmente portare ad un bilancio ambientale per l’intero ambito provinciale a saldo positivo.

Si prefigura, cioè, l’opportunità di usare il trasferimento di crediti da ricollocazione come incentivo alla liberazione di aree, oggi occupate da impianti industriali inadeguatamente posizionati su aree sensibili sotto il profilo ambientale su tutto il territorio provinciale.

L’ambito AT1 ha grandi potenzialità, anche perché è interessato dal progetto infrastrutturale della SP6, peduncolo di collegamento tra l’autostrada Pedemontana e il territorio comunale. La realizzazione di tale asse viabilistico è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’area e del territorio comunale tutto; infatti, esso consentirà l’accesso al territorio biassonese direttamente dalla rete autostradale provinciale e nazionale e non più attraverso la minuta rete di viabilità comunale. In altre parole, con la realizzazione di questa infrastruttura, tutta Biassono vedrà alzarsi il suo livello di accessibilità e diventerà inevitabilmente un sito attrattore per funzioni non solo produttive (quali sono quelle già insediate sul nostro territorio comunale) ma anche terziarie e direzionali.

A metà strada tra Malpensa e Orio al Serio, Biassono e l’ambito AT1 rappresenteranno un’ottima localizzazione per tutte le funzioni legate al business internazionale.

Le finalità progettuali di sviluppo dell’area in oggetto, dunque, sono individuabili in prima battuta nel rafforzamento della struttura produttiva di Biassono e nella sua maggiore razionalizzazione, poi anche e soprattutto nello sviluppo di un sito ad alta attrattività per attività commerciali e direzionali. Esso potrà andare a caratterizzarsi come il comparto meglio infrastrutturato e meglio posizionato per l’accoglimento di nuove funzioni, non solo del comune, ma anche dell’area metropolitana milanese tutta.

Tenendo insieme quindi i due obiettivi di sviluppo economico e rivalutazione ambientale del territorio, appare evidente come l’operazione di trasformazione di questa area è una grande chance, poiché essa ha tutte le caratteristiche atte al raggiungimento degli obbiettivi di cui sopra.

Non molte aree in Brianza vantano tali caratteristiche, vantaggi e opportunità.

Dal punto di vista strettamente gestionale il suo sviluppo urbanistico ha bisogno che venga messo a sistema un meccanismo di perequazione/compensazione di livello sovracomunale, che punti alla riqualificazione di tutto il territorio provinciale, non solo  di quello comunale e che veda la possibilità di applicare il concetto di delocalizzazione anche ad aree eventualmente esterne al comune di Biassono.

Inoltre, la Brianza centrale è tra le zone più densamente urbanizzate e infrastrutturate della Lombardia e da tempo rappresenta un bacino attrattivo per aziende di svariati settori industriali. A fronte della crisi economica degli ultimi anni, tale settore ha visto entrare in affanno molte realtà produttive, mentre altre, ancora solide e in espansione, hanno bisogno di nuovi spazi, nuovi servizi e nuove sinergie da attivare. Attrarre nuove aziende, perché no anche dall’estero, potrebbe rappresentare il nodo centrale dello sviluppo di questi territori.

Dal punto di vista progettuale consideriamo che:

  • le destinazioni d’uso ammesse dal PGT vigente sono quelle inerenti le attività economiche produttive; ammesse quelle commerciali e quelle proprie del terziario direzionale;
  • il dimensionamento è definito in funzione dell’assetto infrastrutturale; con quello attuale è prevista la possibilità di edificare 40.000 mq di superficie coperta. Con la realizzazione della SP6, opera connessa all’autostrada pedemontana, in virtù del miglioramento dell’assetto viabilistico e di accessibilità al sito, il PGT ammette la possibilità di aumentare la superficie coperta fino a 90.000 mq.

Il progetto prevede quindi l’individuazione dei lotti fondiari per attività economiche; questi sono altresì inseriti in ampie fasce di verde e di aree per servizi. Infatti, al fine di garantire la continuità ecologica richiesta nelle istanze progettuali del PTCP della Provincia di Monza e Brianza, sono state inserite molte aree in cessione, soprattutto come verde di connessione con le aree a parco del comune di Lissone.

La superficie coperta proposta è inferiore a quella massima permessa dal PGT ed è di 74.000 mq.

Il 47% della superficie dell’ambito è interessato da aree in cessione e le aree verdi garantite (cedute o meno), da ricomprendere in termini ecologico funzionali entro la rete verde di ricomposizione paesaggistica del PTCP, ammontano al 18% del totale; fermo restando poi che parte degli standard aggiuntivi da garantire per le funzioni commerciali e terziarie andranno ad aggiungersi alla quota di aree verdi di connessione, questa percentuale è destinata a diventare decisamente più alta.

La trasformazione urbanistica vedrà quindi rispettata la necessità di garantire che la quota di consumo di suolo, a saldo dell’operazione, sia negativa rispetto alla quota di aree verdi non impermeabilizzate assicurate internamente ed esternamente al comparto.

Come dicevamo, inoltre, esso dovrà necessariamente essere attuato tramite un meccanismo perequativo; è infatti chiaro come si debba garantire l’equa distribuzione dei diritti edificatori tra tutti i proprietari, in maniera indistinta rispetto alla localizzazione delle superfici ma proporzionale ai millesimi di proprietà sul totale della superficie territoriale.

Per una migliore gestione dell’ambito è già stato costituito da tempo un consorzio tra i proprietari denominato Blasionum West Promotion (BWP).

Lo sviluppo del comparto è immaginato come un’operazione di continua ripartizione dei carichi e dei diritti edificatori. In tal modo sarà possibile prevedere un meccanismo in continuo equilibrio tra concessione di crediti edilizi e oneri urbanizzativi.

L’obiettivo è costruire un meccanismo di gestione che, a prescindere da cosa e quando verrà insediato, possa adattarsi alle richiese degli imprenditori che di volta in volta dovessero manifestare interessi concreti a realizzare progetti in loco.

In questo modo sarà più facile infatti anche accogliere quei volumi provenienti da eventuali delocalizzazioni di cui si diceva sopra.

Il PGT ha già previsto due fasi di attuazione, l’una prima e l’altra successiva alla realizzazione dell’opera connessa all’autostrada pedemontana; si rende così indispensabile costruire le regole che permettano la realizzazione di progetti prima e dopo la costruzione di tale infrastruttura e portare così a termine la costruzione dell’intero comparto per l’intera superficie coperta in progetto.

Lo strumento urbanistico ha assegnato all’ambito una quota più bassa di superficie coperta per la prima fase, cioè in assenza dell’infrastruttura viabilistica necessaria per assorbire il carico veicolare generato dalle nuove attività da insediare; nella seconda fase, ad infrastruttura realizzata, invece, viene data la possibilità di completare lo sviluppo edilizio del comparto con una quota di superficie coperta più alta.

Si prefigura quindi la necessità di creare un “Banca del credito edilizio” di comparto (tipo quelle comunali sulla perequazione urbana), attraverso la quale gestire le eventuali vendite di diritti edificatori. Per la realizzazione del comparto i proprietari vendono le loro quote di credito edificatorio, o parti di esso, alla suddetta banca, la quale le acquisisce e le distribuisce sul comparto in base alle necessità di sviluppo che di volta in volta dovessero presentarsi.

Questo sistema permetterà maggiore flessibilità nella realizzazione del comparto e garantirà una maggiore uguaglianza tra i proprietari, che vedranno riconosciute le loro quote di superficie edificabile, per ogni superficie realizzata, in proporzione alla percentuale millesimale posseduta sul totale. In tal modo, alla percentuale di realizzazione della superficie, ammessa per fase, corrisponderà anche la stessa percentuale di realizzazione di standard pubblici previsti, e tutti i proprietari parteciperanno proporzionalmente in base alle loro quote millesimali.

Inoltre l’accoglimento di volumi da delocalizzazione offrirà l’opportunità di veder accrescere da un lato la quota di superfici per servizi pubblici e dall’altro di superfici rinaturalizzate.

Per concludere, è importante sottolineare come l’operazione di delocalizzazione dei volumi risulti particolarmente efficace da un punto di vista ecologico; con essa infatti si vanno a liberare aree prossime a quelle naturali di pregio già esistenti e si va quindi immediatamente ad aumentare il valore di continuità ecologica territoriale a ulteriore potenziamento dell’intero sistema delle aree protette e ad alto valore naturale comunale, provinciale e regionale.

Possiamo aggiungere in ultimo che la previsione di realizzare il peduncolo autostradale sull’AT1 ha la “controindicazione” di rappresentare un elemento di frammentazione per il residuale territorio naturale dell’intorno del comparto e rende parzialmente vanificati gli sforzi di mantenimento della connessione ambientale nel suo progetto di sviluppo. Sotto questo profilo risulta ancora più auspicabile quindi che si inneschi il meccanismo di rinaturalizzazione delle aree di cui dicevamo.

Come sempre sottolineano i naturalisti, infatti, non è importante solamente mantenere quote di suolo libero, non impermeabilizzato e non urbanizzato, ma anche e soprattutto tenerle in continuità fisica con altro territorio naturale, affinché si possa produrre il massimo effetto di efficienza ecologica.