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È possibile un nuovo approccio alla riqualificazione urbana?

La Regione Lombardia ha approvato la nuova legge regionale sulla difesa del suolo (link regione) Legge Regionale n. 4 del 15/03/2016 “Revisione della normativa regionale in materia di difesa del suolo, di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dei corsi d’acqua”; con essa l’ente vuole esplicitamente limitare il livello del rischio idrogeologico.

A noi di Archetipo qui preme sottolineare come questa novità legislativa introduca le condizioni per un nuovo approccio alla progettazione e soprattutto alla riqualificazione del territorio lombardo. 

Le nuove disposizioni normative, e ci riferiamo oltre che a quella appena citata anche alla legge 31/14 sul consumo di suolo, aprono la strada per un nuovo approccio alla riqualificazione territoriale ed urbanistica; le due leggi infatti introducono, ognuna per sua parte, degli strumenti che insieme potrebbero far superare alcune delle barriere burocratiche tipiche del nostro sistema gestionale nelle pratiche urbanistiche.

Per capirne a fondo la potenzialità applicativa, di questo nuovo modo di approcciare al territorio,   basti pensare a tutti quei comuni della nostra Brianza che hanno pregevoli aree o ambiti oggi industriali prossimi ai fiumi o inseriti in contesti vincolati sotto l’aspetto urbanistico ed ambientale, magari dismessi o in fase di dismissione, che possono essere riqualificati a favore di un’urbanizzazione moderna, ecologica e SMART nelle zone dei comuni o in genere dell’intero  territorio provinciale più idonee all’edificazione. L’indotto economico generabile, da queste nuove  dinamiche di sviluppo che prevedono delocalizzazioni e contestuali rinaturalizzazioni, soprattutto su scala locale potrebbe essere tutt’altro che trascurabile.

Il concetto di “bilancio ecologico” da un lato e di “invarianza idraulica” dall’altro rappresentano infatti due vere e proprie novità nella pratica urbanistica sin qui utilizzata.

Il bilancio ecologico inteso come bilancio tra aree non necessariamente interne al comparto (e non necessariamente interne al comune, aggiungiamo con convinzione,  noi) permette di svincolare altre aree non necessariamente “verdi” per ridarle all’ambito del non urbanizzato.  Aree già urbanizzate ma degradate o site in ambiti protetti, di rilievo ambientale, ora potranno essere rimesse in gioco come aree da rinaturalizzare massimizzando invece l’opportunità alla trasformazione di quelle per essa più idonee.

Questo rivoluzionario approccio vuol dire pensare un territorio “in movimento” e non più statico e vuol dire superare definitivamente la tradizionale logica dello zooning. Si potrebbe addirittura prefigurare una sorta di economia urbana di rimessa in gioco delle aree già urbanizzate senza dover ricorrere a nuove occupazioni di suolo rurale e naturale.

Il vero elemento innovativo della legge 4/16 è individuabile nell’aver definito e introdotto, tra le altre cose, i concetti di invarianza idraulica, invarianza idrologica e drenaggio urbano sostenibile (art. 7). Il principio di invarianza idraulica e idrologica, che PGT e regolamenti comunali devono recepire, stabilisce che sia le portate che i volumi di deflusso meteorico scaricate dalle nuove aree urbanizzate nei ricettori naturali o artificiali di valle non siano maggiori di quelli preesistenti all’urbanizzazione.

invarianza

I principi di invarianza idraulica e idrologica devono applicarsi a tutti gli interventi che comportano una riduzione della permeabilità del suolo rispetto alla sua condizione preesistente all’urbanizzazione. Il concetto di drenaggio urbano sostenibile, in ultimo, è definito quale sistema di gestione delle acque meteoriche urbane, costituito da un insieme di strategie, tecnologie e buone pratiche, volte a ridurre i fenomeni di allagamento urbano, a contenere gli apporti di acque meteoriche ai corpi idrici ricettori e a ridurre il degrado qualitativo delle acque.

In questo caso ci sembra fortemente innovativo il concetto che un progetto non debba più necessariamente e solamente rispettare una quantità minima di area permeabile, ma che possano essere studiati sistemi tecnologici tali da garantire appunto l’invarianza e che possa quindi essere prestata la giusta attenzione alla qualità del progetto proposto e non solo la mera rispondenza a parametri urbanistici quantitativi.

Il “consumo di suolo zero”, cioè, non può significare solamente non utilizzare nuovo suolo a fini edificatori. La qualità della progettazione deve essere il principale obiettivo in tutte le operazioni di trasformazione del territorio. La qualità del progetto va declinata in tutte le sue parti in termini urbanistici, impiantistici, paesaggistici e non solo architettonico/edilizi. Gli ultimi aggiornamenti normativi sembrano guidarci verso questa direzione, eppure le amministrazioni fanno fatica a recepire le novità e ad assumere nuovi parametri di valutazione ingessando a volte le iniziative più innovative che potrebbero dare avvio ad una nuova stagione urbanistica ed edilizia.

Occuparsi di impermeabilizzazione, e della sua minimizzazione e mitigazione, quindi, equivale ad affrontare la questione del consumo di territorio in chiave non solo quantitativa, bensì qualitativa. Le nostre parole chiave sono dunque de-impermeabilizzazione e rinaturalizzazione da un lato e attenta progettazione tecnologico-impiantistica dall’altro. Lo strumento che ormai da tempo segnaliamo, quale quello più efficace per il raggiungimento di questi obiettivi, è rappresentato dalla compensazione ambientale e territoriale. La nuova superficie da impermeabilizzare/edificare andrà compensata attraverso la rinaturalizzazione di aree urbane garantendo il raggiungimento del bilancio ecologico da un lato e, grazie allo spostamento dei crediti edilizi, la sostenibilità economica del processo trasformativo dall’altro.

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Grazie allo spostamento dei crediti edilizi, infatti, è possibile concentrare le risorse economiche necessarie sia alla nuova edificazione/infrastrutturazione che alla riqualificazione ambientale del territorio nelle sue parti più sensibili e degradate.

Basti pensare al territorio di Biassono e immaginare di poter riqualificare i pregevoli ambiti, oggi industriali, prossimi al fiume o confinanti con il Parco di Monza a favore di una urbanizzazione moderna, ecologica e SMART nelle zone del comune più idonee all’edificazione per convincersi a priori della validità e delle potenzialità di questo nuovo modo di approcciare alla riqualificazione urbana.