Recentemente abbiamo potuto realizzare il nuovo capannone ad uso deposito per Lo Scatolificio Rossi di Vedano (MB): un insediamento industriale, tipicamente realizzato con sistema costruttivo prefabbricato e con pavimentazione interna in battuto di cemento.

Tale pavimentazione, comunemente definita con il termine “pavimento industriale”, è costituita da una piastra in calcestruzzo, e deve il suo nome alla sua più comune destinazione, l’industria: è infatti la pavimentazione più usata in capannoni produttivi, magazzini e grandi depositi, centri commerciali.

La norma UNI 11146 “progettazione, esecuzione e collaudo dei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale” definisce i criteri per le fasi di realizzazione di queste pavimentazioni, costituite da una piastra di calcestruzzo e da eventuali trattamenti superficiali atti a migliorarne le prestazioni.

La formazione di un pavimento industriale richiede un’accurata progettazione e un’attenta verifica nelle varie fasi di lavorazione: verifica del sottofondo, ove non devono risultare tubazioni o quant’altro possa ridurre lo spessore del cls, o ristagni d’acqua, che potrebbero indicare presenza di argilla, con possibili conseguenti movimenti verticali, probabili  cause di dissesti fino a formazione di crepe e rotture: molti rischi sono scongiurati da preventive prove su piastra.

Successivamente si procede ad un accurato isolamento delle strutture verticali che verranno a contatto con il massetto in cls, quindi alla posa dell’armatura: quella metallica, che limita le fessure del cls nei giunti durante il ritiro, e quella secondaria, costituita da fibre sintetiche, in grado di trattenere la formazione delle microfessurazioni legate al ritiro; scelta accurata del cls, che, proprio per l’inserimento delle fibre sintetiche, vede diminuito il proprio grado di lavorabilità, rendendo obbligatorio l’uso di additivi superfluidificanti, necessari per scongiurare gli effetti dannosi imbarcanti e di ritiro, e quindi da scegliere in funzione delle condizioni climatiche e delle temperature dell’aria durante il getto.

A questo punto avviene il getto, con possibile uso di pompa, vibrato in tutti i punti di contatto, e staggiato; quando è richiesto un elevato grado di planarità, con tolleranze di circa mm 3 su ml 2, questa lavorazione avviene con l’uso di una macchia denominata LASER SCREED, a controllo computerizzato, dotata di un braccio telescopico, al termine del quale è posta una staggia vibrante.

Questa lavorazione risulta particolarmente indicata per magazzini e depositi caratterizzati da scaffalature di altezza superiore a ml 10, che necessitano quindi l’utilizzo di carrelli elevatori di elevata precisione, anche a filo guidato.

La fase successiva costituisce la formazione dello stato di usura, legato al tipo di sollecitazione che il pavimento dovrà sopportare: per questo strato vengono usati quarzi naturali di cemento, opportunamente premiscelati e additivati con fluidificanti e disperdenti, distribuiti a spolvero sul cls ancora fresco, ripetutamente finchè il cls contenga sufficiente umidità.

Le operazioni vengono quindi concluse effettuando il taglio del masseto a quadri regolari, per ottenere giunti di contrazione nel massetto stesso, andando così a controllare la normale contrazione che subisce il cls nell’indurimento.

I giunti di contrazione, che tendono ad aumentare le dimensioni durante la contrazione del cls,  vengono quindi sigillati con resine poliuretaniche, in grado di resistere ad urti e pressioni delle ruote dei carrelli.

L’altezza delle scaffalature da installare nel deposito ha richiesto proprio le caratteristiche di precisione e planarità sopra descritte, pertanto, avvalendoci della ditta Pavibeton, specializzata nel settore, si è proceduto nella realizzazione del massetto con le fasi citate.

La distribuzione interna, caratterizzata da aree su cui appoggiano gli scaffali e spazi adibiti al passaggio dei muletti e persone, ha portato alla scelta di utilizzare due differenti strati di finitura del pavimento industriale.

Per le superfici destinate al collocamento degli scaffali, si è realizzato un rivestimento in resina a film antipolvere, denominato “FLOORPOX”, con applicazione di primer a base di resine epossidiche, e successiva applicazione di rivestimento epossidico, con colorazione a scelta; rivestimento applicabile tuttavia su pavimenti in cls stagionato e privo di umidità: questo ha determinato l’inserimento della barriera al vapore nel getto del massetto.

Per i percorsi adibiti al passaggio di carrelli di precisione, invece, si è utilizzato una pavimentazione con resina autolivellante, denominata “Floorpox AV” in grado di garantire un’ottima resistenza al passaggio dei carrelli, una lunga durata nel tempo, con scarsa manutenzione e facilità di pulizia, e la possibilità di scegliere finiture lucide e opache; anche’essa richiede assenza di umidità, determinando analogamente l’inserimento della barriera al vapore.

I rivestimenti in resina scelti e realizzati hanno conferito al pavimento industriale un aspetto pulito e luminoso, oltre a garantire la funzionalità richiesta dal tipo di attività da svolgere all’interno del capannone.